giovedì 20 settembre 2007

27061980

- Ma come cavolo fai a non sentire il caldo? Non sei stanco? Stai correndo come un pazzo e non sudi nemmeno! -
Milano è una città strana; climaticamente parlando. D’inverno la temperatura può essere molto rigida e costantemente sogno l’arrivo dell’estate. Quando la bella stagione arriva la città si trasforma in un girone infernale. Solo allora mi rendo conto di come il caldo umido e appiccicoso mi faccia soffrire, forse, più delle fredde e nebbiose giornate invernali.
Anche se l’estate è iniziata da pochi giorni l’afa oggi è insopportabile e giocare a calcio forse non è la cosa più saggia da fare. Da un momento all’altro potrei svenire. Il caldo è opprimente. Il sole picchia forte e senza pietà sulla testa. Rincorrere il pallone sull’erba è un’impresa. Il sudore scende in mille rigagnoli sulla pelle e la mancanza di ossigeno comincia a essere preoccupante.
Lui, nonostante quel colorato copricapo di lana che racchiude una massa inverosimile di capelli, continua a muoversi come fosse una fresca giornata primaverile. Va bene, probabilmente proviene da qualche paese africano dove alta temperatura e umidità sono normali, però la sua forza è incredibile. Ha qualcosa di strano, di sovrumano. Fisicamente, almeno in apparenza, non sembra molto dotato. In realtà nessuno dei ragazzi che si sfida a calcio sull’erba del parco Sempione ha la sua classe, il suo carisma e la sua resistenza.
E’ forte. Davvero. Ha già segnato due gol fantastici e corre il doppio di tutti gli altri. Se lo guardi il suo volto mostra sempre il sorriso candido di un bambino: è sereno e si sta divertendo moltissimo. Beato lui.
L’amico napoletano che lo accompagna invece è un po’ diverso. Nel preciso istante in cui è arrivato si è seduto sul prato e non si è più rialzato. Si è acceso una sigaretta, ha imbracciato la chitarra e ha iniziato a suonare.
Che coppia: un africano con più capelli che muscoli e un musicista partenopeo. Il primo è un fenomeno con la palla tra i piedi, il secondo con la chitarra tra le mani. E con la voce. Le parole che canta, per via del mix di inglese e dialetto, sono un po’ difficili da capire, ma la musica…che musica! Dice che suona “…o’bbblues”, il blues, quello nato in America, nei campi di cotone, come lamento degli schiavi oppressi dai padroni.
Pino ama la chitarra; nemmeno un secondo ha pensato di mettersi a correre dietro alla palla. Dice di aver accompagnato il suo amico jamaicano (quindi non viene dall’Africa) a conoscere un po’ Milano. Lui, appena intuito che stava per iniziare una sfida a calcio, ha chiesto di unirsi per fare un paio di tiri e, almeno fino ad ora, anche due gol.
Nel frattempo non meno di quindici ragazze si sono avvicinate sedendosi intorno a Pino, attirate e stregate più dalla sua musica e dalle strane canzoni che dal suo aspetto da rockettaro tamarro un po’ trasandato.
- Gol!!! -
E fanno tre.
- Sei grande, sei troppo forte! -
Hanno ragione i suoi compagni di squadra. E’ troppo forte. Peccato io non sia riuscito a sceglierlo per primo.
- Ragazzi basta. Getto la spugna. Giochiamo da più di tre quarti d’ora. Il sole ci sta massacrando. Facciamo almeno 10 minuti di pausa. Il tempo di una sigaretta. -
- Ok. Pausa. Abbiamo tutti, o quasi, bisogno di riposarci. -
Pino si accende un’altra sigaretta. Passa l’accendino al suo amico che invece si accende una sigaretta di Ganja, come la chiama lui.
- Nesta fai attenzione, se ti sgamano sono casini veri. Ormai dobbiamo andare è un’ora che siamo al parco. San Siro e Milano ti stanno aspettando. Tra poco inizia il vero spettacolo! -
- Yeah man, no problem man -

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